Intervista a Veronica Gaido
STILL Fotografia/Milano
Dedalo e altre storie
di Edoardo Pilutti

Ancora per una settimana quaranta stampe fotografiche relative a differenti progetti dell’artista Veronica Gaido sono esposte alla galleria STILL Fotografia, in zona Ticinese non lontano dalla Darsena, per la cura di Denis Curti; il quale afferma: “…le immagini di Veronica sono come dei pensieri visivi. Dentro queste astrazioni ci sono tante storie, c’è (…) una rara capacità umana di ascoltare e percepire il silenzio.” Ancora: “La figura (…) non è più la sola a definire il perimetro di senso dell’intera immagine. E allora è come stare dentro un sogno”.
Veronica Gaido (Viareggio, 1974), ancora adolescente si trasferisce prima a Milano, dove studia all’Istituto Italiano di Fotografia e poi nelle grandi metropoli per proseguire gli studi e svolgere vari incarichi di fotografa.
Nel 2001 collabora con la Biennale di Venezia curata da Harald Szeemann per il bunker poetico di Marco Nereo Rotelli. Nell’agosto del 2002 tiene la sua prima mostra Sabbie Mobili, curata da Maurizio Vanni, nello spazio di Massimo Rebecchi a Forte dei Marmi. Oltre al lavoro fotografico, la Gaido ha prodotto un video per la Fondazione Henreaux, utilizzando un drone per riprese aeree. L’opera è stata presentata alla Triennale di Milano nel 2012.
Nello stesso anno la fotografa fa parte della giuria “Premio Fondazione Henraux”, presieduta da Philippe Daverio, realizzando in seguito il progetto Awareness of Matter.
Nel 2013 realizza un tour tra India e Bangladesh che porta al progetto Atman curato da Enrico Mattei e Roberto Mutti, progetto esposto in seguito a Pietrasanta, Milano, Londra e Parigi.
Dal 2014 si dedica al progetto Mogador interamente realizzato nel porto di Essaouira in Marocco, a cui dedica un paio d’anni, in collaborazione con Vito Tongiani. Nel 2017 il lavoro viene esposto a Rabat, Essaouira e Siviglia.

Le serie Aphrodites, 2017, e Invisible Cities, 2013-2018, sono state esposte nel 2019, a Roma ai Musei di San Salvatore in Lauro, a cura di Marco Di Capua. Il progetto Dedalo è stato presentato alla Casa dei Tre Oci a Venezia, in contemporanea con la Biennale del 2021.
Non è facile incontrare Veronica Gaido, non solo poiché l’artista si sposta continuamente da una regione all’altra (la mamma e altri parenti in Toscana, amici in Liguria, un marito a New York), ma anche per la sua timidezza, la sua umiltà, la sua visionarietà ed il suo immaginario, che anche quando è qui a Milano, la risucchiano e la trattengono nel suo mondo onirico.
Siamo riusciti comunque, non senza fatica, a porle delle domande e ad ottenere delle risposte.
Come e quando hai avvertito la passione per la fotografia?
(Veronica Gaido) Ho iniziato molto, molto giovane, sui 10 o 11 anni: mia madre mi regalò la prima macchina fotografica, una Nikon 601, che avevo sempre in mano. Era molto divertente perché essendo io molto timida la macchina fotografica mi ha permesso di entrare in empatia con l’altro e di scavallare così la timidezza, riuscendo quindi a parlare con le persone. È stata molto curativa una macchina fotografica per me.
Provieni da una famiglia di artisti?
(V. G.) No. Mio padre era avvocato, dirigente di una grande azienda, per cui dovevamo traslocare ogni tanto per seguire il suo lavoro in differenti filiali. Ci siamo così spostati in diverse città, dal nord al sud, permettendomi di vedere diversi usi e costumi dell’Italia. Mia madre è sempre stata attenta alle nuove tendenze culturali e ha sempre aiutato me e mia sorella a seguire i nostri sogni.
Prima di dedicarti agli studi di fotografia, che diploma avevi conseguito?
(V. G.) Al liceo artistico di Massa-Carrara.
In quali città straniere hai perfezionato la tua formazione?
(V. G.) Prima ho frequentato a Londra il St. Martens School, una nota scuola per le arti applicate, importante a livello europeo, ora molto ambita sia per il design e la moda, sia per la fotografia e la grafica multimediale. Poi, tornata a Milano, mi sono iscritta e diplomata, o laureata come si dice ora, all’Istituto Italiano di Fotografia.
Quali sono state le tue attività professionali all’estero?
(V. G.) Come fotografa ho fatto tantissime campagne pubblicitarie per aziende di moda a New York, dove ho abitato un paio d’anni, a Miami in Florida, a Tel Aviv in Israele, e anche in Spagna.
E a Milano, dove hai iniziato a lavorare?
(V. G.) Ho iniziato come assistente presso il Superstudio 13 in via Forcella; lì ho avuto modo d’incontrare tanti maestri della fotografia, con cui collaboravo per un periodo determinato: da Franco Fontana a Oliviero Toscani, da Giovanni Gastel a Maurizio Galimberti, da Helmut Newton a Giuseppe Pino. È stata la scuola migliore per me.

Le foto in questa mostra sono tutte volutamente scattate in movimento, per creare un particolare effetto onirico e romantico. Hai sempre fotografato così?
(V. G.) È dal 2008 che uso la lunga esposizione per realizzare i miei progetti. All’inizio ho sperimentato, poi ho creduto tanto in questo modo di scattare; da allora non ho più abbandonato l’idea di creare immagini con questa tecnica, perché dà vita a una visione completamente diversa. È una tecnica fotograficamente poco corretta, ma la mia non è proprio fotografia tradizionale, è un modo di esprimersi in maniera diversa.
Puoi dire qualcosa di più sulla tua tecnica?
(V. G.) Ad esempio, predisponendo l’otturatore su una lunga esposizione e muovendo leggermente l’apparecchio, ci sono dei dettagli che si imprimono sul “frame”, ed altri che non restano impressi, per cui riesco a cancellare o enfatizzare dei contorni, dei segni.
Effettivamente uso la macchina fotografica proprio come un pennello: osservando le stampe da vicino, sembrano degli acquerelli su cui sia passata prima una pennellata di un colore e poi una pennellata di un secondo colore. Avendo da sempre una grande passione per la pittura, uso la macchina fotografica come per dipingere.
Il tuo compito a fianco di Marco Nereo Rotelli, alla Biennale di Venezia nel 2001, in cosa era consistito?
(V. G.) Ho prodotto tutta la documentazione fotografica dell’installazione Bunker Poetico, prima, durante e anche dopo l’inaugurazione, quando Rotelli invitava lì i poeti autori dei versi da lui scritti sulle porte che lui aveva installato in un giardino all’Arsenale. Ho avuto la fortuna di ritrarre i più grandi poeti italiani contemporanei di allora, come Andrea Zanzotto, Maria Luisa Spaziani, Alda Merini, Edoardo Sanguineti, Mario Luzi, e ascoltare i loro racconti.
Da dove trai ispirazione?
(V. G.) Cerco di raccontare mondi e storie in continuo movimento… Mi piace partire da un tema letterario, che può variare dalla mitologia greca a scrittori del Novecento come Italo Calvino, che mi hanno aiutato a cambiare l’approccio allo sviluppo dei miei progetti.
Testo di Edoardo Pilutti edoardopilutti@gmail.com
VERONICA GAIDO Dedalo e altre storie
Still Fotografia
Via Zamenhof, 11 Milano
dal 6 giugno al 15 luglio 2022
martedì-venerdì, 10-13/14-18; giovedì, 10-13/14-19
tel. 02 36744528 info@stillfotografia.it
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Foto bellissime piene di poesia. Complimenti alla fotografa che ha saputo trarre dalla fotografia una tecnica che sembra pittorica
molto interessante