ROBERTO COTRONEO – Nel teatro dell’arte, Palazzo Reale, Milano 2020

ROBERTO COTRONEO – NEL TEATRO DELL’ARTE, PALAZZO REALE, MILANO di Edoardo Pilutti

     La sensazione era quella di dover attraversare una frontiera, ma non una frontiera qualsiasi, bensì una cortina di ferro. Per poter accedere all’esposizione di fotografie di Roberto Cotroneo (come ormai per ogni altra grande mostra) è necessario per prima cosa effettuare una laboriosa  prenotazione telematica: e guai ad avere un calcolatore elettronico non recente ed aggiornato perché la cosa si fa davvero difficile. Ad esempio nel mio caso il sistema elettronico preconfezionato non solo non mi permetteva di scrivere tutti i numerosi dati richiesti, ma addirittura, di sua iniziativa sceglieva l’Afghanistan come mia terra di nascita.

 Stampata la mia domanda, giunto a Palazzo Reale ho scoperto che non è più possibile parcheggiare le biciclette sulla rastrelliera nel cortile interno. Subito uno dei custodi, organizzati in un drappello all’ingresso principale, mi ha puntato alla fronte un rilevatore elettronico di temperatura a forma di pistola fantascientifica, consentendomi poi di procedere verso gli Appartamenti del Principe, al primo piano, dove sono stato accolto da una coordinatrice degli ingressi la quale, comprendendo le mie difficoltà telematiche, ha comunque completato il mio accredito e garantito il mio ingresso in mostra.                                                      

     Ero l’unico visitatore, martedì 2 giugno, quando la mostra era riemersa dall’immediata chiusura di quasi tre mesi prima, per arginare il diffondersi della pandemia da virus SARS CoV 2. Comunque ho seguito diligentemente i percorsi predeterminati a senso unico, senza poter tornare indietro a rivedere le sale già viste, per evitare di incrociare qualche essere umano contagiato, sia pur asintomatico. Anche se non c’era alcun altro visitatore.

     Nell’isolamento e nella solitudine imperante delle stanze del Principe, acquisiva un valore straordinario l’insieme di oltre cinquanta stampe fotografiche appese alle pareti. Cotroneo, anche scrittore e saggista, aveva immortalato fra il 2015 ed il 2019 numerose scene riprese all’interno di musei, in cui i visitatori si ponevano di fronte ed in confronto con le più diverse opere d’arte, contemporanea, moderna e antica.     

Nell’osservare tali scene, lo struggimento per qualcosa di lontano, di perduto (si spera solo temporaneamente), se non addirittura di irripetibile, era grande: i visitatori ritratti all’interno delle sale museali si mescolavano con dipinti, sculture e installazioni; e soprattutto si mescolavano fra loro corpi umani, come non è più dato di vedere.

  Quindi  mi tornò in mente una scena di anni fa: ero a Roma, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, a Valle Giulia; all’interno, fra tanti amanti dell’arte sconosciuti gli uni agli altri, due avevano incrociato i loro sguardi. Lui aveva rivolto la parola a lei, lei aveva risposto, e quasi subito lui le disse, in inglese:  “Io esco, ti aspetto fuori”. Non pensavo che sarebbe successo, invece poco dopo anche lei uscì e gli si avvicinò, mentre lui, fermo fra le colonne del pronao,  guardava verso il viale, dandole quasi una possibilità di ripensamento. Invece si affiancarono e incominciarono assieme una camminata giù lungo la scalinata del museo, che li avrebbe portati verso momenti di felicità.

     Anche a me capitò qualcosa del genere, sempre a Roma: vicino al Museo Napoleonico, all’interno di una caffetteria pugliese, mentre mangiavo un panino appollaiato su uno sgabello dell’unico tavolino ad avere un po’ di spazio, offersi di sedersi al medesimo a due ragazze che stavano sorseggiando un caffè in piedi. Una gentilezza dovuta. Il giorno dopoil caso volle che  rincontrassi una delle due all’interno dell’Ara Pacis: le chiesi di poterla fotografare vicino all’antico altare augusteo, lei acconsentì. Alla fine ci scambiammo i numeri di telefono, di fretta poiché in giornata avrei dovuto lasciare la città eterna per far ritorno alle fosche lande padane; in seguito ci rivedemmo più volte.

     Ora eventi del genere non possono più accadere, obbligati come siamo a mantenere il distanziamento fisico. Quindi, come precisa il curatore Denis Curti, queste immagini “assomigliano ad un lungo abbraccio…costituiscono un esercizio militante dedicato alla resistenza della memoria”, riuscendo a far emergere dal contesto molte delle varie emozioni che di volta in volta le opere d’arte suscitano nel pubblico, sollecitandolo anche a trasmetterle da una persona all’altra.                                                                                      

Dal lavoro di Roberto Cotroneo emerge una nuova concezione esistenziale, e cioè il farsi quinte teatrali da parte di quadri, sculture e strutture architettoniche, che trasformano il pubblico in attori intenti a recitare il gioco della vita sul palcoscenico fornito dagli spazi di ogni tempio della cultura.

testo e foto d’insieme di Edoardo Pilutti                                  edoardo.pilutti@gmail.com

Roberto Cotroneo. Nel teatro dell’arte, Palazzo Reale, Appartamento dei Principi, Milano                                                                    

fino al 2 agosto – ingresso gratuito e prenotazione obbligatoria 

tel. 199.15.11.21   mostre@civita.it  www.palazzorealemilano.it                              

Fotografia Fotografia, di Edoardo Pilutti

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