BILL VIOLA
Palazzo Reale Milano
di Edoardo Pilutti
Raramente si vede qualcosa di tanto potente, solenne e semplicemente sorprendente. Non per nulla i video di Bill Viola sono stati esposti più volte, in anni diversi, alla Biennale di Venezia.

Sono opere che mettono il pubblico di fronte alle universali problematiche filosofiche dell’uomo: il corpo, la sua caducità, la vecchiaia, la transizione dalla vita alla morte e l’eventualità di un’altra vita oltre la morte, la superiore e indomabile forza della natura.
La caratteristica fondamentale di questi video è che sono girati al rallentatore, dilatando il tempo, permettendo e inducendo delle profonde riflessioni quando non addirittura uno stato di meditazione mistica, agevolata dal buio delle sale in cui vengono proiettati.
Altra caratteristica importante è che presentano un equilibrio compositivo, scenografico e soprattutto coreografico, che si trova molto raramente nella produzione artistica contemporanea. Non a caso si riscontra in questi lavori un richiamo al Rinascimento, a volte molto esplicito, a volte appena sottinteso.
Chiarissimo è il riferimento ad un dipinto del Quattrocento in Emergence (2002), laddove l’affresco di Masolino da Panicale intitolato Pietà (1424), raffigurante il Cristo che risorge dal sepolcro assistito dalla Madonna e da San Giovanni, ispira una sequenza di 12 minuti in cui il corpo di un giovane completamente nudo si erge da un pozzo traboccante d’acqua e viene accolto con trepidante tripudio da due donne straziate dal dolore.

Parrebbe trattarsi di un annegamento, ma al tempo stesso potrebbe trattarsi di una resurrezione. Imponente la dimensione dell’immagine proiettata: 213 per 213 cm.
Un richiamo ad un capolavoro del Rinascimento veneziano: la Presentazione di Gesù al Tempio di Giovanni Bellini (Venezia, ca. 1438/40 – 1516), realizzata intorno al 1470, parrebbe esserci anche in The Quintet of the Silent (2000), in cui un insieme di cinque uomini dimostra le sottili variazioni di un’intensa emozione durante i 16 minuti del video. Non sappiamo cosa sia la causa di quella che, proprio grazie al rallentatore, diventa l’analitica espressione di sentimenti protratti in un tempo sospeso.
Nel dipinto di Bellini si tratta della stessa Madonna col Bambino attorniata da sei personaggi sacerdotali; nel video di Viola potrebbe essere qualcosa di sorprendente, perturbante o addirittura riprovevole, ma che resta fuori dal campo visivo.
Anche nell’installazione video – sonora The Raft (2004), è rappresentato l’irrompere di qualcosa che turba e sconvolge la quiete di un gruppo apparentemente innocente di persone di varie età, di differenti culture, di provenienze internazionali, e di differenti ceti sociali: lo scroscio imprevisto ed impetuoso di una enorme quantità d’acqua che sconquassa e abbatte la compostezza della piccola folla in ordinata attesa.

Come se si fossero aperte una o più falle nella chiglia di un sommergibile, per cui tutti rischiano inesorabilmente di implodere e annegare. Ma alla fine, come per l’intervento di una volontà superiore, l’allagamento cessa e tutti si rialzano anche se sconvolti.
Sorprende anche Martyrs Series (2014), quattro video che rappresentano simbolicamente il martirio di quattro eroici prigionieri per mezzo del fuoco, dell’acqua, dell’aria, della terra. Potrebbero essere una rappresentazione metaforica della forza d’animo, della perseveranza e del sacrificio in favore della testimonianza di alti ideali. Comunque, ogni filmato è pervaso da un sottile sadomasochismo.
Di difficile interpretazione è Fire Woman (2005), in cui un’oscura figura femminile si staglia davanti ad un altissimo muro di fiamme; dopo alcuni minuti la donna avanza, apre le braccia e scompare nel nulla mentre il fuoco si spegne ed al suo posto prende forma una liquidità di colori strabilianti: come se le fiamme della passione per un desiderato corpo femminile si spegnessero per lasciare spazio ad una astratta palude di colori cangianti.
Anche Tristanan’s Ascension (the sound of a mountain under e waterfall) (2005) presenta dei significati non facili da decifrare: il corpo inerte di un uomo adagiato su una lastra di marmo viene spinto e risucchiato verso l’alto da una fragorosa cascata d’acqua che scorre in senso contrario, verso l’alto appunto. È l’ascensione dell’anima nello spazio celeste dopo la morte? È una spinta magicamente sovrumana che riporta alla vita un corpo che era morto?
La forza eclatante dell’opera di Bill Viola consiste non solo in qualcosa di spirituale, per non dire di psicologicamente analitico, ma anche in qualcosa di sociopolitico, poiché ogni video contiene uno studio su sentimenti e comportamenti o un messaggio etico, talvolta entrambi. È come se l’artista volesse lanciare vari allarmi sul pericolo di un’umanità autodistruttiva, incapace di essere cosciente dei propri squilibri affettivi e cognitivi, e della grave pericolosità della propria indifferenza. “La gente ha perso la capacità di distinguere tra giusto e sbagliato. Il momento è pericoloso.”
Struggenti sono i due video giustapposti come in un dittico e proiettati su lastre di granito nero che richiamano raffigurazioni rinascimentali (ad esempio quella di Lucas Cranach) di Adamo ed Eva: Man Searching for Immortality / Woman Searching for Eternity (2013). In essi, due anziani, un uomo e una donna completamente nudi, sempre in posizione frontale, esplorano il proprio corpo con una torcia elettrica, come se stessero cercando qualcosa di introvabile, di inesistente ma di melanconicamente agognato.

Bill Viola (New York, 1951) è uno dei principali video artisti a livello mondiale. Le sue prime creazioni con il video risalgono ai primi anni Settanta. Nel 1973 si laurea alla Syracuse University di New York e nel 1974 si trasferisce a Firenze come direttore tecnico del centro sperimentale Art Tapes 22. Dal 1981 l’artista e sua moglie, Kira Perov, vivono e lavorano a Long Beach, California. Le sue opere sono state esposte nei più prestigiosi musei di tutto il mondo. Nel 1995 e nel 2007 (chiesa sconsacrata di San Gallo) l’artista ha rappresentato gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia.
Il catalogo della mostra, edito da Skira, a cura di Valentino Catricalà e Kira Perov, non è solamente una documentazione delle 15 opere che sono state esposte a Milano fino alla scorsa fine di giugno, ma rappresenta un approfondito studio di storia dell’arte.
fotografie di Edoardo Pilutti
edoardo.pilutti@gmail.com
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Fotografie interessanti quasi a rappresentare una vita reale ed una irreale che sembra trasportare in un palcoscenico.