A tu per tu con gli artisti/14

RICHARD AVEDON RELATIONSHIPS

Palazzo Reale – Milano

di Mariateresa Cerretelli

Palazzo Reale a Milano celebra Richard Avedon (1923-2004), uno dei maestri della fotografia del Novecento, con la mostra dal titolo Richard Avedon: Relationships che ne ripercorre gli oltre sessant’anni di carriera attraverso 106 immagini provenienti dalla collezione del Center for Creative Photography (CCP) di Tucson (USA) e dalla Richard Avedon Foundation (USA).

È una rassegna imponente che consente di tracciare le caratteristiche innovative dell’arte di uno degli autori più influenti del XX secolo. Per Richard Avedon la fotografia era una questione di vita e di morte:

“Se passa un giorno senza che io abbia fatto qualcosa legato alla fotografia, mi sento come se avessi trascurato l’essenza stessa della mia esistenza ed è come se mi fossi scordato di svegliarmi. E so che il fatto di essere fotografo, rende possibile il mio esistere” aveva dichiarato nel 1970.

La mostra promossa dal Comune di Milano-Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Skira Editore in collaborazione con il Center for Creative Photography e la Richard Avedon Foundation è curata da Rebecca Senf, responsabile della collezione del Center for Creative Photography e vede come main partner Versace, media partner Vogue Italia e un catalogo pubblicato da SKIRA editore.

Richard Avedon, Self-portrait, Provo, Utah, August 20, 1980

Avedon ha rivoluzionato il modo di fotografare le modelle, trasformandole da soggetti statici ad attrici protagoniste del set, mostrando anche il loro lato umano e dall’altro, i suoi sorprendenti ritratti di celebrità, in bianco e nero e spesso di grande formato, sono capaci di rivelare il lato psicologico più interiore della persona ritratta.

E chi l’ha conosciuto, non può dimenticare i suoi occhi penetranti, acuti e assolutamente curiosi, un periscopio fissato alla ricerca dell’anima del mondo. La sua prima foto è un ritratto alla sorella Louise impresso sulla pelle. Sfruttando gli insegnamenti del padre che gli spiega come la luce passa attraverso l’obiettivo e crea il negativo da impressionare su carta sensibile, a otto anni Avedon fissa al polso con un cerotto il negativo di uno scatto e, quando lo toglie dopo tre giorni, Louise è stampata sulla sua pelle.

La sorella, bellissima, diventerà la sua musa ispiratrice, prototipo di bellezza dei suoi primi ritratti da fotografo di moda che si rispecchia in certe modelle brune, dal viso ovale, dal collo elegante e dal naso sottile come Audrey Hepburn, Dorien Leigh o Marella Agnelli. Tre fotografie di Dorian Leigh risalenti al 1949 mostrano come potesse trasformare il soggetto attraverso location e abiti diversi in modo da fargli impersonare ruoli e personaggi distinti.

Richard Avedon, Dovima with elephants, evening dress by Dior, Cirque d’Hiver, Paris, August 1955

In Dorian Leigh, Cappotto Dior, Avenue Montaigne, Parigi, ad esempio, la modella avvolta in un soprabito con collo di pelliccia e maniche voluminose è seduta sul sedile di una decapottabile con accanto una cappelliera, un mazzo di rose e un cagnolino acciambellato. La frangia morbida, l’espressione gentile e l’aria distratta della donna suggeriscono un’idea di innocenza e disponibilità a dispetto della sua bellezza.

Grazie al suo sguardo, Avedon è stato uno dei pochi fotografi a interpretare l’avanguardia di Gianni Versace, illustrando lo stile e l’eleganza dello stilista italiano, nonché la radicalità della sua moda.

Il linguaggio astratto di Avedon agisce in uno spazio compresso che esalta le figure rendendole assolute e facendo esplodere le coreografie dei corpi di alcune delle top model più celebrate dell’epoca, in movimenti convulsi, sincopati, che mettono in evidenza la forma e la materialità degli abiti che indossano, come nel caso della campagna per la collezione primavera/estate 1993, che vede protagoniste Linda Evangelista, Christy Turlington, Kate Moss, Aya Thorgren, Shalom Harlow. Rivoluziona il ruolo delle modelle che da manichini statici diventano donne vere che trasmettono sulle pagine delle riviste più note, gioia, ritmo e gestualità. E tra le nuove leve ha avuto il merito di scoprire volti nuovi come Penelope Tree, immagine iconografica degli anni 60, confermandosi l’artefice di un nuovo vocabolario di bellezza.

Richard Avedon, Nastassja Kinski, Los Angeles, California, June 14, 1981

Resta una pietra miliare della storia della fotografia il fondo assolutamente bianco dell’artista newyorkese che permette ai soggetti di diventare simboli di sé stessi, di svelare atteggiamenti e sfaccettature profonde del carattere. Lo sfondo bianco gli consentiva di eliminare i potenziali elementi di distrazione di un dato set fotografico per enfatizzare le qualità della posa, dei gesti e dell’espressione. Ne è un esempio la fotografia del 1981, scelta come immagine guida della mostra, che ritrae Nastassja Kinski, morbidamente distesa sul pavimento e abbracciata da un serpente.

Il percorso espositivo è suddiviso in dieci sezioni tra fotografie di moda e ritratti – The Artist, The Premise of the show, Early Fashion, Actors and Directors, Visual Artists, Performing Artists / Musicians and writers / Poets, Avedon’s People, Politics, Late Fashion, Versace.

Scorrono ritratti di celebrità del mondo dello spettacolo, attori, ballerini, musicisti ma anche di attivisti per i diritti civili, politici e scrittori, tra cui quelli dei Beatles (John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, Ringo Starr), ma anche di Bob Dylan, di Michelangelo Antonioni, Allen Ginsberg, Sofia Loren, Marylin Monroe, del Dalai Lama e due di Andy Warhol, dove il padre della Pop art americana decide di mostrare la sua intimità a Richard Avedon esibendo le sue cicatrici da arma da fuoco, dopo essere sopravvissuto a un tentativo di omicidio.

E da un’indimenticabile intervista di Nicole Wisniak per Egoïste (Settembre 1984) si coglie l’essenza della visione di Richard Avedon:

“Il modo in cui vedo è paragonabile al modo in cui ascoltano i musicisti, qualcosa di extra sensoriale. Non giudicante. Non faccio differenza tra un’idea di ciò che è bello e ciò che non lo è. Quello che vedo è una riaffermazione delle molte cose che ho bisogno di sentire. Ha a che fare con qualità ossessive, non spiegabili. Sono un fotografo naturale. È la mia lingua. Parlo attraverso le mie fotografie in modo più complesso e più profondo che con le parole”.

Mariateresa Cerretelli

RICHARD AVEDON RELATIONSHIPS

Palazzo Reale a Milano

dal 22 settembre al 29 gennaio 2023

https://www.palazzorealemilano.it/mostre/relationships

https://www.avedonfoundation.org/

Gallery

Mariateresa Cerretelli
Giornalista e Photo editor, scrive di fotografia, arte e costume per le testate del gruppo Class e collabora con diversi giornali tra i quali The Wall Street International Magazine, Artslife e Popdam Magazine. Si occupa del coordinamento della fotografia per gli Speciali di Bell’Italia, Cairo editore. Da molti anni è curatrice di mostre. Tra le più recenti Wilder mann di Charles Fréger a Lucca e Bianchi Sussurri di Caroline Gavazzi a Milano allo Spaziokappa32. Ha presentato alla Triennale Milano con AFIP, le lectio magistralis dedicate a Gabriele Croppi e Mario Cresci. Dal 2017 coordina gli incontri con i fotografi, dai grandi maestri ai giovani talenti, all’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato. Collabora alla realizzazione di progetti editoriali, brochures, presentazioni, installazioni di fotografie e libri. Dal 2000 partecipa a Giurie di fotografia e a Letture Portfoli nei festival italiani. È Presidente del GRIN, il gruppo dei redattori iconografici nazionale. Fino al 2021 Presidente del GRIN (Gruppo Redattori Iconografici Nazionale) e ora nel Direttivo dell’Associazione.
È Direttore artistico del MonFest, la prima Biennale di fotografia a Casale Monferrato (AL), inaugurata nel marzo 2022 e allestita fino al 12 giugno 2022.

Photo by Renato Grignaschi

Fotografia

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