Il Realismo Magico ritrovato

LINA BARTOLOMMEI

Palazzo della Provvederia

Venezia-Mestre

di Edoardo Pilutti

Una serie di dipinti carichi di un’aura magica e di un fascino misterioso: tele ritrovate a Venezia, abbandonate ma ben protette dall’umidità nella cantina di un palazzetto non lontano da S. Marco, che stava per essere sgombrato in vista di un restauro collegato ad un passaggio di proprietà. Quadri senza alcuna firma, ma con varie etichette sul retro che ne attestavano l’esecuzione da parte di una sconosciuta giovane pittrice, negli anni Trenta: Lina Bartolommei.

Un’artista completamente ignorata, della quale non vi era traccia in alcun testo cartaceo né in rete informatica.

Le indagini storiche attuali, condotte attraverso l’esame di vari archivi istituzionali, giornalistici e di istituti artistici, hanno messo in luce che Lina Bartolommei è nata a Venezia, da Italo e Vittoria Marcella Gherri, il 28 gennaio 1911.

Dal 1933, allora solo ventiduenne, partecipa a varie collettive della Fondazione Bevilacqua La Masa (sede museale a fianco dell’attuale Museo Correr, in piazza S. Marco), venendo subito notata dalla critica. Il suo stile era analogo a quello considerato d’avanguardia negli anni Trenta, “in cui il modello prediletto era quello della pittura primitiva e di quella rinascimentale italiana, da Giotto a Piero della Francesca. Una classicità rielaborata attraverso una nuova poetica dimensione in cui la figura umana assumeva un ruolo predominante e in cui essa veniva avvolta in un clima di magica sospensione, così come facevano tra gli altri Antonio Donghi, Felice Casorati e Cagnaccio di San Pietro…” (Marco Dolfin)

Continuando a partecipare a numerose esposizioni museali (anche presso i Giardini della Biennale) nel 1936 si diploma in Pittura all’Accademia di belle Arti di Venezia.

Dal 1937 si trasferisce a Treviso, avendo vinto un concorso per la cattedra di Disegno presso un istituto tecnico superiore. Continuerà l’attività espositiva in varie città italiane: San Remo, Padova, Venezia (anche ai Padiglioni della Biennale).

Dal 1943 di Lina Bartolommei si perdono le tracce: non figura più tra gli insegnanti dell’Istituto Riccati di Treviso, non è più menzionata in alcun catalogo di esposizioni d’arte.

Un articolo del quotidiano Il Gazzettino del 1943 parla del ritrovamento del corpo senza vita di una giovane donna a Venezia, giù dal ponte dell’isola del Tronchetto, sul selciato. L’ipotesi di un coinvolgimento nella lotta per la liberazione dal nazifascismo non viene presa neppure in considerazione, dal giornale, come non si accenna all’ipotesi del suicidio, che appare la più credibile.

All’epoca, durante il regime fascista, i suicidi erano totalmente incompresi, anzi erano considerati pressoché sacrileghi, e ne veniva oscurata la memoria. A ben guardare l’opera pittorica di Lina Bartolommei, così imperniata sui ritratti dei genitori, della sorella, e sull’autoritratto, le relazioni familiari (che sono quelle a costituire le premesse per futuri sviluppi depressivi con rischio di suicidio) erano non solo molto importanti ma anche circondate da un alone di mistero, insondabili.

Senza dimenticare l’ingiustificato rifiuto dei suoi dipinti, da lei presentati ad una sorta di selezione per la Terza Quadriennale d’Arte Nazionale a Roma nel 1939.

Così, a soli trentadue anni, scompare l’artista Lina Bartolommei, promettente autrice del Realismo Magico. Un altro caso analogo a quello di Van Gogh?

Molto bene ha fatto il Comune di Venezia ad ospitare presso il cinquecentesco Palazzo della Provvederia in terraferma, su proposta dell’Associazione Paolo Rizzi (noto giornalista e critico d’arte veneziano morto anni fa), una personale di raffinati oli su tela della ritrovata esponente del Realismo Magico Lina Bartolommei, per la cura e la ricerca storica di Marco Dolfin.

Testo e fotografie di Edoardo Pilutti  edoardo.pilutti@gmail.com

Pittura

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