Gallerie a Milano/04
Maroncelli 12
“Il mare e una bella donna da baciare”
Pietro Ghizzardi
di Edoardo Pilutti
Grazie anche alle favorevoli condizioni metereologiche (lieve aumento delle temperature non più sottozero, aria meno umida, aumento del periodo e dell’intensità d’insolazione) il contagio della virosi influenzale pandemica sta diminuendo; questo pare dare nuova linfa alla programmazione delle gallerie d’arte contemporanea, che vedono in questo inizio di febbraio aumentare la frequentazione da parte dei visitatori.
In via Maroncelli, tra l’Isola e Porta Volta, si trovano una dozzina di gallerie che danno luogo ad un ragguardevole insieme: fra tutte ricordiamo la Bianchi Zardin che si occupa di giovani artisti internazionali emergenti; la Alessia Paladini che espone fotografia d’autore; l’Officina Antiquaria, specializzata in mobili anni Quaranta – Sessanta; Il Vicolo, per le avanguardie dell’illustrazione, e la Maroncelli 12.
La galleria Maroncelli 12, fondata nel 2014 e diretta da Antonia Jacchia, si occupa di arte irregolare; promuove quella pittura praticata al di fuori dei circuiti incentrati sulle mode stilistiche e commerciali, da artisti autodidatti inizialmente misconosciuti o provenienti da ambienti periferici rispetto a quelli delle grandi città. Ambienti periferici come le campagne e le valli montane, o anche gli ospedali psichiatrici. Arte Irregolare è la traduzione italiana della francese Art Brut, professata e collezionata fin dal 1945 da Jean Dubuffet e sostenuta fra gli altri anche dal poeta, saggista e teorico del Surrealismo, André Breton. Nel 1972 il critico d’arte inglese Roger Cardinal coniò il termine corrispondente di Outsider Art.

Fino al 25 febbraio 2022, in via Maroncelli al 12, per la cura e con un testo critico in catalogo di Davide Macchiarini, è allestita una notevole personale di Pietro Ghizzardi (Viadana, Mantova, 1906 – 1986), pittore e scrittore irregolare ad oggi annoverato tra i maggiori del panorama italiano ed europeo, tanto dall’aver avuto spazio presso vari musei, tra cui l’American Folk Art Museum di New York ed il Centre Pompidou a Parigi, con delle sue opere esposte in permanenza.

Si trattadi una mostra di dipinti nati dalla solitudine e da impulsi creativi genuini, eseguiti senza le preoccupazioni dovute alla competizione per l’ingresso nel mercato e per la promozione sociale.
I quadri di Ghizzardi sono sempre stati realizzati su cartoni di recupero e con colori estratti dalla natura: erbe masticate per i verdi, mattoni macinati per gli ocra e i rossi; fiori frantumati nel pestello per gli azzurri, i gialli, i bianchi; fuliggine e carbone per i grigi ed i neri. Inizialmente ritraevano scene di agricoltura nelle varie stagioni dell’anno.

Pietro nacque in un’umile famiglia contadina d’inizio Novecento, e rivelò una propensione al disegno fin da ragazzo; propensione peraltro avversata dal fratello maggiore che non ammetteva distrazioni dal duro lavoro nei campi. Quando gli morì il padre, in coincidenza con la grande alluvione del Po nel 1951, Pietro ormai quarantaquattrenne restò solo con la madre che già lo aveva catturato in un rapporto simbiotico.
La successiva morte anche del fratello, se da un lato gli permise di non avere più ostacoli nel dedicarsi esclusivamente a pittura e scrittura, dall’altro lo rese ancora più succube delle ansie e dell’amore materno. Proprio per quella possessività materna, non riuscì mai a fidanzarsi, neppure per un breve periodo. Lui trovava la scusa che le ragazze del suo paese preferivano fidanzarsi e sposarsi con operai o impiegati, non con contadini.

Il suo desiderio di femminilità restò sempre inappagato, e diede anima ai suoi dipinti. Per l’appunto, quelli ora esposti ritraggono busti di donne, prevalentemente compaesane, dalle mammelle prorompenti (mammella, derivato diminutivo di mamma), dai visi talvolta seri, talvolta sorridenti ma con i denti che parrebbero in evidenza più per un minaccioso ringhio che per un corrisposto amore.
E sono soltanto busti e visi, quasi a confermare un aforisma interrogativo della psicoanalisi contemporanea: “C’è forse qualcosa di più imbarazzante per un uomo che il corpo di una donna?”
Inoltre, i volti presentano una singolarità: sembrerebbero solcati da numerose e strane rughe circolari, che fanno pensare a scaglie e squame protettive, come quelle dei pesci e dei rettili, o del famigerato pangolino, mammifero che quando si sente in pericolo si chiude a sfera su sé stesso.
Ghizzardi iniziò a dedicarsi anche alla stesura della sua autobiografia, vergata dal 1957 con una scrittura sbilenca su cinque quadernoni a righe, e pubblicata con note di Cesare Zavattini dall’editore Einaudi nel 1976, col titolo: “Mi richordo anchora”. Il libro vinse il “Premio letterario Viareggio” nel 1977.
Questo libro, assieme a vari cataloghi e saggi su Pietro Ghizzardi, è esposto alla Maroncelli 12, dove è visionabile anche un video di circa 20 minuti, costituito da due documentari sulla vita dell’artista: il primo, effettuato da Dino Menozzi nel 1967, s’intitola “Dalla solitudine alla comunità”, ed ha vinto il 1° premio al Festival Internazionale del Film Amatoriale, a Belgrado (Jugoslavia) nel 1970.

Il secondo documentario è un frammento da un programma televisivo della RAI, trasmesso nel 1975, in cui Cesare Zavattini intervistava il pittore.
Proprio in quell’occasione Ghizzardi pronunciò la frase da cui deriva il titolo della mostra: “Quello che per me più conta è il mare e una bella donna da baciare”.
Non aveva mai visto il mare, non aveva mai avuto una donna da baciare.
Per rendergli omaggio, lo schermo del video su cui scorrono i due documentari, è stato posto sul pavimento ricoperto da una sottile sabbia che ci piace pensare provenga dalle spiagge romagnole dell’Adriatico, quelle a lui più vicine ma che non è mai riuscito a raggiungere.
fotografie d’insieme di Edoardo Pilutti edoardo.pilutti@gmail.com
IL MARE E UNA BELLA DONNA DA BACIARE
dipinti di PIETRO GHIZZARDI
MARONCELLI 12
via Maroncelli, 12 20154 MILANO
11 novembre 2021 – 25 febbraio 2022
su appuntamento tel. 335 8403484
http://www.maroncelli12.it












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