44° ARTE FIERA Bologna, 2020
44° ARTE FIERA BOLOGNA di Edoardo Pilutti
Stupefacente. Se non fosse per il clima freddo e umido tipico del cuore dell’inverno padano, se non fosse per l’atmosfera fosca a causa dell’aria brumosa e satura di sostanze inquinanti, parrebbe di essere in un film di Fellini, in una di quelle scene collettive ricche di luci fantasmagoriche, di donne procaci ed eleganti, di folle vocianti e festeggianti: si tratta invece della XLIV° edizione della fiera d’arte moderna e contemporanea di Bologna, inaugurata giovedì 23 gennaio 2020, aperta al pubblico fino alla sera di domenica 26. Quest’anno la manifestazione è stata spostata in due padiglioni, il 15 ed il 18, più interni rispetto a quelli in cui si era svolta per tanto tempo, causando un minimo di spaesamento nel visitatore persistente: per chi si presentasse all’ingresso tradizionale di piazza Costituzione è attivo un servizio autobus interno gratuito ogni cinque minuti, che conduce ai piedi della nuova sede alla quale si accede con scale mobili e attraversando un ampio terrazzo. La complicazione con cui si accede finalmente ai padiglioni, dopo essere prima scesi di un piano per lasciare zainetti e borse al guardaroba, ricalca quella per ottenere l’accredito giornalistico. Segno dei tempi appunto dove tutto sta diventando sempre più complicato e faticoso (ad esempio una rinomata galleria d’arte riceve circa seicento lettere in posta elettronica al giorno: come fare per leggerle tutte? Impossibile).
All’ingresso, poco prima degli stand, si è accolti da una vasta libreria (book shop) la quale avrà come prolungamento all’interno dei padiglioni, vari stand dedicati a case editrici e riviste di settore. La libreria d’ingresso è sormontata da scenografici piccoli dirigibili colorati (installazione specifica di Eva Marisaldi). Alla fine si aprono i corridoi su cui si affacciano labirinticamente le 155 gallerie italiane e straniere: 108 nella Main Section e 47 nelle tre sezioni curate e su invito; queste ultime tre sezioni riguardano Fotografia e immagini in movimento (20 gallerie) a cui si aggiungono per la prima volta Focus (8 gallerie) e Pittura XXI (19 gallerie). Gli artisti presentati in totale sono 345.
Focus è la sezione in cui quest’anno sono esposte alcune delle ricerche artistiche condotte in Italia tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, per la cura della critica e storica d’arte Laura Cherubini che ha cercato di evidenziare il rinnovamento del linguaggio pittorico in quel preciso periodo del Novecento. Tra le otto gallerie che costituiscono codesta sezione, ricordiamo la veronese Galleria dello Scudo che mette in luce incantevoli oli di Gastone Novelli; la Cortesi Gallery (sedi a Londra, Lugano e Milano) con una sintetica antologica di Giuseppe Santomaso; e la veneziana Michela Rizzo con Fabio Mauri e Saverio Rampin.
Pittura XXI, a cura di Davide Ferri, è la sezione in cui viene offerto un assaggio della pittura contemporanea, interpretata da artisti emergenti o nel mezzo della loro carriera, italiani e stranieri, che producono lavori pittorici. Una iniziativa che prende atto del riproporsi attuale del dipingere e del suo forte ruolo nel futuro della storia dell’arte. Uno di questi pittori è Gianluca Di Pasquale che ha ripreso le ambientazioni e le strutture luminose che lo caratterizzarono già ai suoi esordi, presentando dei paesaggi innevati dal taglio esistenziale con la galleria italo-svizzera Monica De Cardenas.
Giunta alla sua seconda edizione, la sezione Fotografia e Immagini in Movimento è allestita a cura del col-lettivo Fantom formato dai critici Selva Barni, Ilaria Speri, Massimo Torrigiani, Francesco Zanot; in essa si trovano esempi di alcune delle più recenti ricerche nel campo della fotografia e del video, oltre a qualche nome che ha già fatto la storia della fotografia italiana, come Lisetta Carmi. Scenografiche e suggestive le grandi stampe che ritraggono colonie di lampade dislocate in paesaggi campestri, opera dello scandinavo Rune Guneriussen. Metafisiche, sospese nel tempo e nello spazio, le stampe presentate dalla galleria milanese Podbielski Contemporary. Di notevole impatto i lavori di Francesco Jodice, figlio d’arte, presentato sia dalla veneziana Michela Rizzo che dalla napoletana Di Marino.
Stupefacente il numero di eventi artistici inaugurati o rappresentati ( nel caso di performance) in questi giorni, con una particolare concentrazione per la notte tra sabato 25 e domenica 26 gennaio, nel centro storico di Bologna, l’antica Bononia fondata dai romani nel secondo secolo avanti Cristo. Duecentotrentatre fra inaugurazioni di mostre e performance, che dureranno alcuni giorni o anche un paio di mesi ( fa eccezione quella al MAMBo che, inaugurata giovedì 23 gennaio si concluderà il 3 maggio), in luoghi differenti come gallerie d’arte, musei, fondazioni, alberghi, negozi, caffè. Si tratta di una notte bianca, una notte in cui, anziché andare a dormire presto per ristorare il fisico e l’anima sognando, si puo’ girovagare fino alle ore piccole per il centro cittadino, muovendosi da un evento all’altro, nutrendosi dei sogni a cui gli artisti hanno dato forma.
Le gallerie che costituiscono la sezione principale (denominata Main Section, ma si suggerisce di usare lanostra bellissima lingua, l’italiano) sono state sollecitate a presentare ciascuna un numero limitato di artisti: possibilmente uno soltanto o fino a un massimo di tre, per gli stand (postazioni, bancarelle, punti vendita) di medie dimensioni; fino a un massimo di sei per gli stand più ampi. Va riconosciuto al direttore Simone Menegoi, coadiuvato dalla vice Gloria Bartoli, il proposito di (senza sminuire la funzione mercantile di Arte Fiera) incentivare l’approfondimento su alcuni artisti scelti dalle gallerie, o anche su un gruppo o una corrente artistica del Novecento, come già fatto nell’edizione 2019.
Nella sezione principale ricordiamo la galleria Contini di Venezia e Cortina d’Ampezzo, che tra gli altri propone le immortali sculture di Igor Mitoraj, artista nato nel 1944 da padre francese prigioniero di guerra e madre polacca deportata dai nazisti. Sono corpi, o busti, che portano segni di ferite, di mutilazioni, ma sono corpi o busti che portano anche segni di rigenerazione, di mutazione, di rinascita. Le battaglie combattute eroicamente ma perse, o le imprese mitiche finite tragicamente come quella di Icaro, celebrano un’umanità offesa e sconfitta ma che tende eternamente a risollevarsi e a mantenere la dignità.
La milanese Ca’di Fra’ con due pareti dedicate all’ottantatreenne Grazia Varisco che ha creato recentemente dei quadri carichi di lirismo esistenziale con materiali vari, da un reticolo che è ondulato come le pagine aperte di un libro, al nastro di stoffa che ne segna la pagina spiegata, come in attesa di ricevervi la scrittura di tante storie. Partita da opere come “Tavole Magnetiche”, nell’ambito dell’Arte Cinetica, quando partecipava al Gruppo T nel 1959, per attuare una sperimentazione sullo spazio, il movimento ed il tempo, invitando il fruitore a percepire non solo con la vista ma anche col tatto e con gli altri sensi il prodotto artistico come gli altri oggetti del mondo. Nell’ultimo ciclo di opere, “Quaderni a quadretti” , Varisco continua a giocare con le parole e con i materiali come una ragazza, come quando era bambina ed imparava a scrivere e a far di conto su un quaderno a quadretti.
Sempre nella sezione principale la galleria Lattuada, con sede a Milano e New York, propone una monografia sul gruppo del Rigorismo. Si tratta di una proposta “forte” – come ha scritto il critico e curatore di questo movimento, Massimo Donà, docente di Filosofia Teoretica presso l’Università Vita Salute San Raffaele di Milano – in cui “un gruppo di artisti italiani assume in pieno ed estremizza, come nessun altro prima, l’orizzonte monocromatico un tempo ‘ferito’ e ‘bucato’ da Fontana, e fatto qui valere invece come vera e propria dimensione ‘aperta’ entro la quale, a farsi artistico, sarebbe il semplice supporto: la tela, ovvero la nuda superficie. Che non si limita più, quindi, ad accogliere le forme dell’artisticità, ma osa farsi essa medesima ‘opera’”.
Ad Arte Fiera non manca l’attenzione al connubio fra arti visive e linguaggio teatrale. Con il programma Oplà. Performing Activities, a cura di Silvia Fanti (Xing), vengono eseguite dal vivo o proiettate in video varie performance, fra cui Smashing, quella più famosa di Jimmie Durham, insignito del Leone d’Oro alla carriera durante l’ultima Biennale di Venezia.
Da non dimenticare la collettiva L’opera aperta (Courtesy Emilia-Romagna), con dipinti di artisti come Giorgio Morandi, Carla Accardi, Gerhard Richter, Salvo e Alberto Sughi, prese in prestito da collezioni emiliane pubbliche e private, curata da Eva Brioschi, storica e critica d’arte.
Per finire, una fitta serie di conferenze e dibattiti (sinteticamente e anglomanicamente definiti talk)organizzati da Flash Art, importanti e utili per fornire nuove indicazioni o riflessioni sull’arte contemporanea. Fra le tredici conversazioni si segnala “L’Arte della Cura”, che vede protagonisti Michelangelo Pistoletto e Flavio Ronzi (segretario di Croce Rossa Italiana), che hanno discusso sull’arte come strumento d’innovazione sociale, in base ad un progetto concordato l’anno scorso. In base a quell’accordo che considera l’arte come una terapia per curare ferite, per sanare dolori e disagi. CRI e Fondazione Pistoletto (col direttore Paolo Naldini presente al dibattito moderato da Lorenzo Fazio, editore di Chiarelettere e di Il Fatto Quotidiano) stanno attuando un progetto in cui volontari e artisti, insieme, si dedicano alla cura di territori e di comunità.
Molto importante il discorso sul ruolo sociale e direi addirittura politico dell’arte contemporanea: l’arte ha sempre avuto una funzione sociale, anche nel passato, nell’antichità greca e romana come nelle altre culture in altre parti del mondo, e anche nell’epoca della cristianità, dal profondo medioevo ad oggi. Qual è il ruolo dell’arte oggi? Oltre ad arricchire i collezionisti ed i mercanti, davvero l’arte può curare la società ed i singoli?
Testo e fotografie di Edoardo Pilutti edoardo.pilutti@gmail.com