Arte italiana del Novecento dai Musei Vaticani
La Passione
Museo Diocesano – Milano
di EDOARDO PILUTTI
I Musei Vaticani a Roma sono noti per la Cappella Sistina affrescata da Michelangelo Buonarroti tra il 1508 ed il 1512, con il celebre Giudizio Universale (sulla parete frontale) e con le Storie della Genesi sulla volta. Le pareti laterali sono decorate da una serie di affreschi di alcuni dei più grandi artisti italiani della seconda metà del Quattrocento: Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Pinturicchio, Domenico Ghirlandaio, Luca Signorelli e altri. Il tutto va a costituire una completa rappresentazione della teologia cristiana.

Presso i Musei Vaticani vi sono anche importanti collezioni di sculture della classicità greca e romana, intere stanze affrescate da Raffaello, statue egizie, dipinti medievali, lunghi corridoi tappezzati da arazzi; e vi è anche una raccolta di arte religiosa contemporanea, inaugurata dal pontefice Paolo VI nel 1973, che attualmente di oltre novemila opere.
Proprio da quella raccolta provengono le quaranta opere presenti nella mostra “Arte italiana del Novecento dai Musei Vaticani” presso il Museo Diocesano di Milano. L’esposizione è curata da Micol Forti, responsabile della collezione d’arte moderna e contemporanea dei Musei Vaticani, e da Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano. Danno il loro patrocinio la Regione Lombardia, il Comune di Milano e l’Arcidiocesi di Milano.
Le opere selezionate risalgono soprattutto al periodo tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, quando gli artisti sentirono particolarmente la gravità delle pesanti devastazioni causate dagli eventi bellici, riavvicinandosi alla religione ed ai suoi valori.

E non sono sempre opere semplicemente celebrative della liturgia cattolica, ma spesso sono creazioni dettate dal desiderio di ricerca attorno ad un mondo invisibile; ricerca dalla quale non viene esclusa neppure la cultura e la religione della classicità greca, come nella statua in terracotta greificata “Angelo Dioniso” di Nanni Valentini.
Nela mostra, sono presenti prevalentemente dipinti, oltre a qualche scultura ed alcuni disegni, di alcuni dei protagonisti del Novecento italiano, quali Felice Casorati, Carlo Carrà, Marino Marini, Ottone Rosai, Renato Guttuso, Fausto Pirandello, Pericle Fazzini, Giacomo Manzù, ai quali si affiancano nomi meno celebrati come il futurista Gerardo Dottori, Felice Carena, Salvatore Fiume, Francesco Messina, Guido Strazza, Mirko Basaldella.
La mostra è una testimonianza di una ritrovata capacità di pittori e scultori “di raccontare il sacro anche come paradigma dell’uomo nella storia (…) e di porsi a confronto con i modelli del passato della nostra grande tradizione artistica.” (Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani).
Il confronto con opere del passato è facilitato dalla presenza, negli altri e numerosi saloni e corridoi del Museo Diocesano, da una miriade di dipinti e sculture che vanno dal IIIX secolo all’Ottocento.

In passato, si sa, erano proprio i papi ed i cardinali, assieme ai nobili, i principali committenti degli artisti, i quali non si discostavano troppo dai canoni dell’arte classica. Ma già a fine Ottocento e inizio Novecento, i dipinti simbolisti e divisionisti a soggetto sacro non vengono accettati dalla Chiesa: Pellizza da Volpedo, Segantini e Previati, solo per ricordare i nomi più famosi, hanno realizzato notevoli lavori a tema religioso, mai acquisiti all’interno di un edificio ecclesiastico, proprio per la loro originalità e novità stilistica.
In coincidenza col ventennio fascista la distanza tra arte ed arte sacra aumentò.
Dopo le varie condanne verso le avanguardie da parte di Pio XI nel 1932 e di Pio XII nel 1947, e grazie anche alla grande apertura di alcuni intellettuali cattolici, giunse Paolo VI, che in un discorso del 1964 riconobbe l’importanza della libertà del linguaggio artistico e della sua missione; l’importanza della sfida audace ed imprevedibile che l’arte raccoglie nel misurarsi con la trascendenza, con ciò che è oltre, con l’Altro.
Singolare l’uso da parte del Vaticano di un termine, Altro con la A maiuscola, che nella psicoanalisi contemporanea ha vari significati, tra cui quello del proprio Inconscio.
Singolare anche come, probabilmente a partire dalla filosofia esistenzialista, alcuni artisti ed alcuni critici (proprio quelli che si ritengono importanti), vestano in nero come dei sacerdoti; quasi come se si attribuissero così un ruolo di ministri di un’attività pseudo religiosa: come se volessero elevare la pratica artistica al rango di una nuova religione.

“Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione.” Questa una delle frasi del messaggio di Papa Montini agli artisti, a chiusura del Concilio Vaticano II, nel dicembre 1965. Messaggio in cui Paolo VI sottolineava il bisogno che la Chiesa aveva dell’opera degli artisti “…custodi della bellezza nel mondo…bellezza che infonde gioia… che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione.”
Oggi pare che molta arte contemporanea non abbia ascoltato quelle parole, e che si sia orientata verso ciò che il Pontefice nel 1965 temeva e indicava come un pericolo: “…i gusti effimeri e senza veri valori…la ricerca di espressioni stravaganti o malsane.”
L’arte d’avanguardia rivendica un ruolo sovversivo, ma finisce per essere sussunta appieno dal mercato, quando viene riconosciuta come arte: vedi l’esempio dei graffitisti, Banksy in primis.
Chissà cosa penserà dell’arte contemporanea, oggi, Papa Francesco…
fotografie e testo di Edoardo Pilutti edoardo.piluttu@gmail.com
La Passione. Arte italiana del Novecento dai Musei Vaticani
Museo Diocesano
Piazza S. Eustorgio, 3 MILANO
11 marzo – 5 giugno 2022
martedì – domenica, ore 10 – 18
http://www.chiostrisanteustorgio.it
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Bellissima mostra!