Piet Mondrian
Dalla figurazione all’astrazione
MUDEC Museo delle Culture MILANO
di Edoardo Pilutti
Per la prima volta a Milano un progetto espositivo interamente dedicato all’artista olandese e alla sua evoluzione stilistica che lo portò dalla tradizionale visione del paesaggio nordico allo sviluppo delle geometrizzazioni che l’hanno reso celebre.

La mostra, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promossa dal Comune di Milano, settore Cultura, e con il patrocinio del Consolato dei Paesi Bassi, è stata realizzata grazie alla collaborazione del Kunstmuseum Den Haag (detentore della più importante collezione di opere di Mondrian al mondo), che ha prestato sessanta opere, scelte tra quelle dell’inventore dell’astrattismo, degli artisti della Scuola dell’Aja (un gruppo operante nella città olandese tra il 1860 e il 1890, ampiamente influenzato dal realismo della scuola di Barbizon) e dei progettisti di mobili appartenenti alla corrente De Stijl (Lo Stile) sorta nei Paesi Bassi nel 1917 per iniziativa del Nostro e di Theo van Doesburg.
In mostra anche due dipinti provenienti dal Museo del Novecento di Milano (fra i pochi presenti in collezioni italiane) e un quadro neoplastico proveniente dal National Museum of Serbia di Belgrado.
Con la supervisione del direttore del Kunstmusem Benno Tempel e con la curatela di Daniel Koep e di Doede Hardeman, il percorso espositivo si snoda attraverso sezioni tematiche che vanno dal primo periodo realistico a quelle del periodo astratto.
Nato ad Amersfoort nel 1872, figlio di Pieter Cornelis Mondriaan e Johanna Christina de Kok, il giovane Piet si era formato una vasta cultura, tanto da aver svolto inizialmente la professione di insegnante di italiano. Durante l’estate, lo zio Frits (allievo di Anton Mauve, esponente della Scuola dell’Aja che era stato pure insegnante di van Gogh) dava lezioni di disegno al giovane Piet.

Dal 1892 al 1895 Piet ricevette una formazione artistica tradizionale, diplomandosi presso la Rijksakademie van Beeldende Kunsten (l’Accademia Statale di Belle Arti) ad Amsterdam. I suoi dipinti denotavano una profonda passione per il paesaggio, reso dapprima con colori tonali scuri, alla maniera della Scuola dell’Aja, e poi raffigurato con influenze impressioniste, post-impressioniste, simboliste, espressioniste. L’orizzontalità tipica del paesaggio olandese si prestava bene alla ricerca di ritmi e scansioni con l’inserimento di elementi fortemente verticali, come alberi, mulini a vento e ciminiere.
A partire dal 1900 Mondrian si allontanò progressivamente dalla semplice rappresentazione della natura: utilizzando gli elementi verticali e orizzontali del paesaggio, iniziò a considerare la possibilità di ridurre il mondo che lo circondava ad un ritmo di piani, colori e linee.

Era interessato al gioco di luce creato dagli alberi e dai riflessi nell’acqua; Il boschetto di salici vicino all’acqua, albero in primo piano a destra (1902- 1904) ne è un esempio.
I primi dipinti a mostrarci un accenno dell’astrazione che verrà, sono una serie di tele datate tra il 1905 e il 1908, raffiguranti alberi con rami intersecantisi e case che si riflettono in specchi d’acqua immobili che li rendono simili alle macchie d’inchiostro nei test proiettivi di personalità. Le intersecazioni di linee nere dei suoi futuri lavori astratti, molto probabilmente, deriveranno proprio dallo studio grafico degli intrecci dei rami degli alberi.

Gli alberi spogli. Poiché d’estate gli alberi fanno ombra, e d’inverno fanno pena.
Dal 1908 il lavoro di Mondrian si indirizzò verso l’enfatizzazione dei colori primari.

Nel gennaio 1909, una sua mostra allo Stedelijk Museum di Amsterdam fece molto scalpore poiché i critici dimostrarono poco interesse e notevole irritazione per le opere esposte. In seguito, Mondrian ebbe a disposizione tre gallerie per i suoi dipinti che vennero definiti da un critico come “una incompleta e spiritualizzata rappresentazione di paesaggi”. Altri quadri esposti nella seconda galleria tra cui “Devozione” (la raffigurazione di un’estasi mistica) vennero descritti come “le visioni di una persona disturbata”, un’opinione ribadita da Frederik van Eeden, influente psichiatra e figura di spicco del movimento letterario De Tachtigers, che definì i colori usati dall’artista “grezzi e barbarici” e accusò il Nostro di essere mentalmente instabile.

Ancora una volta si affaccia nella storia dell’arte l’irrisolvibile dilemma sulla coesistenza di genio e follia: è necessario essere folli per essere riconosciuti dalla storia come grandi artisti? Esiste la genialità senza la follia?
Per trovare una risposta a queste domande si potrebbe partire dalle ricerche della psicoanalisi contemporanea, che indica come psicosi ordinaria uno stato di infelicità e sofferenza mentale senza sintomi eclatanti (niente allucinazioni, niente deliri) estremamente diffusa nella popolazione, ad ogni livello socioculturale. Non sono state fatte stime precise, ma ne soffrirebbe grandissima parte della popolazione mondiale. Si potrebbe ipotizzare che, per tutelare il concetto di ordine sociale, l’originalità e la stravaganza dell’artista vengano evidenziate, indicate ed usate come una sorta di parafulmine o di diversivo per l’ordinaria follia così diffusa, ma coperta, nella società.
Tornando alla biografia di Mondrian, nel 1912, a quasi quarant’anni, per sfuggire al clima culturale stagnante dell’Olanda, si trasferì a Parigi, allora la capitale mondiale della ricerca artistica. I quadri prodotti in quei due anni francesi furono influenzati dal cubismo di Pablo Picasso e Georges Braque, e presentano spigolosità e destrutturazione delle forme.

Questo orientamento lo condusse alla fine a ridurre il suo linguaggio espressivo a linee rette, colori primari e piani rettilinei. Chiamò questo stile Neoplasticismo, De Nieuwe Beelding, termine che comparve sulla rivista De Stijl (da lui fondata assieme al pittore van Doesburg nel 1917) durante la Prima Guerra Mondiale, il cui scoppio lo aveva sorpreso in Olanda mentre era tornato a far visita alla famiglia. Comunque, le sue migliori e più citate espressioni sulle sue teorie, frutto della fusione fra la sua visione pittorica ed i suoi studi teosofici, si trovano in una lettera che ebbe scritto a Hans-Peter Bremmer già nel 1914.
La creatività di Mondrian fu sempre collegata ai suoi studi filosofici. Nel 1908, aveva cominciato ad interessarsi al movimento teosofico iniziato da Helena Petrovna Blavatsky nella seconda metà dell’Ottocento. Blavatsky riteneva fosse possibile raggiungere una conoscenza della natura più profonda di quella resa disponibile dai mezzi empirici: molto del successivo lavoro di Mondrian venne ispirato da questa sua ricerca della conoscenza mistica, intuitiva e spirituale. Mondrian conserverà per tutta la vita il suo diploma d’ammissione alla Società teosofica, col numero 1690, firmato da Annie Besant e datato 25 maggio 1909.
Nel 1919 il Nostro ritornò a risiedere a Parigi, massimo laboratorio di sperimentazioni artistiche in Europa. Attratto dalla vita notturna della capitale, credette di trovare una grande analogia tra la sua pittura e la musica iazz.
Nel settembre ’38, Mondrian lasciò ancora Parigi, a causa dell’avanzante Nazismo, per trasferirsi a Londra. Dopo l’invasione dei Paesi Bassi e la caduta di Parigi nel 1940, lasciò anche Londra per New York, dove rimase fino alla morte, che lo colse in seguito a polmonite (malattia che in psicosomatica ha una valenza depressiva) nel 1944 all’età di 71 anni.
Proprio mentre stava sviluppando un’innovazione che aveva già sperimentato qualche anno prima a Parigi: spesse linee colorate a sostituire quelle nere. Come se il bisogno ossessivo di contenere e separare (le cariche emotive rappresentate dai colori? I conflitti intrapsichici?) per mezzo di pesanti e rigidi barriere di confine, fosse sostituito da leggerezza e gaiezza.
Fotografie d’insieme di Edoardo Pilutti edoardo.pilutti@gmail.com
PIET MONDRIAN. Dalla figurazione all’astrazione
MUDEC – Museo delle Culture
Via Tortona, 56 MILANO
24 novembre 2021 – 27 marzo 2022
Lun 14.30 ‐19.30
Mar, Mer, Ven, Dom 10.00 ‐ 19.30
Gio, Sab 10.00‐22.30
Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura.
INFOLINE: tel. 02/54917 (lun-ven 10.00-17.00)
c.museoculture@comune.milano.it













