A tu per tu con gli artisti/4
A CURA DI MARIATERESA CERRETELLI
APPRODO
Adriano Nicoletti

Capita di avere tra le mani un bel volume fotografico e, sfogliandolo, ci si accorge di leggere un’intensa fotografia poetica, scandita in una sequenza di immagini e ogni immagine è come la strofa di un poema, emerso dalla consapevolezza e dall’amore per la propria terra. È il caso di Approdo di Adriano Nicoletti, fotografo di Parabita in provincia di Lecce e la sua raccolta di poesie mediate dalla fotografia, senza confini reali, punteggiate tra mare e terra, modulate tra interni ed esterni, intrise di passato e di presente e scaturite dal proprio sentire.
Il libro, curato da Benedetta Donato, in stretta collaborazione con l’autore non è solo lo specchio della memoria di un paesaggio di appartenenza ma si presenta per la grafica e per la stampa come un raffinato e prezioso oggetto, stampato in 300 copie per la prima edizione. La vena poetica si percepisce già nell’incipit, leggendo alcuni pensieri scritti da Nicoletti
“Eterno destino di una terra affacciata al mare, accoglienza di genti e culture, tracce d’identità contaminate…Nelle pieghe semplici delle cose della tua gente ti ritrovo terra mia, come nella carezza della madre che sa placare ogni turbamento… È qui che approdo…sapendo già che andrò via, come l’onda, per ritornare ad abbracciare le tue sponde”.
È un omaggio alla tua terra?
“Nel libro inizio con una sorta di ode a questa terra. Il mio testo che non so se si può definire poesia, è proprio un pensiero scritto con il sentimento e non in maniera analitica. La guida che mi ha portato a costruire questo progetto è proprio questa condizione di ritrovamento, di ritorno a una terra che per molti anni ha conosciuto il fenomeno migratorio e che continua a conoscerlo. Per molti miei concittadini e conterranei, compreso mio padre e i miei nonni e anche ricorrenti nei racconti di famiglia, l’esperienza in una terra diversa dalla propria è sempre presente e anch’io, intorno all’inizio degli anni ’90, sono dovuto andare via come tanti. Quando si va via, si porta con sé questa nostalgia. Poi, quando sono ritornato ho ritrovato una terra diversa, molto cambiata”.
Sei partito a 19 anni e sei tornato una decina di anni dopo?
“Era il periodo della scoperta della pizzica, oggi nota in tutto il mondo, ma allora era sotto traccia. Per esempio io e quelli della mia generazione la conoscevano solo per il racconto dei nonni e dei genitori ma, con la storia della pizzica, il turismo si sviluppava e ci facevano vedere che la nostra terra meritava attenzione e così noi stessi abbiamo cominciato a prestare attenzione ai nostri decori, a cacciare le macchine dei centri storici, a rivalutare il barocco, la campagna e il mare e spesso abbiamo intrapreso un viaggio insieme ai turisti e molti luoghi noi stessi li abbiamo riscoperti ”.
Lo scopo del tuo lavoro non è la rappresentazione di mappe, come sottolinea nel testo critico Benedetta Donato, ma il racconto di luoghi e atmosfere attraverso tracce, frammenti e dettagli tra i respiri del passato e del presente?
“ Non volevo raccontare la bellezza né tanto meno costruire un racconto. Io ci ho messo dentro tante cose e volevo anche sottolineare come il paesaggio sia un fattore importante di formazione e rappresentazione del proprio io. Questo amore deve tornare per i luoghi, per guardare i luoghi. Nell’intervista che mi ha fatto Barbara Silbe nel libro cito Il pensiero meridiano di Franco Cassano, un sociologo che avuto le sue fortune ed è morto qualche mese fa. Nel suo libro invita a riguardare i luoghi e poi di conseguenza a prendersene cura. Non volevo un racconto stereotipato del Salento. Volevo andare oltre. Io nella mia formazione da fotografo passando da Gabriele Basilico e inevitabilmente da Luigi Ghirri o da Roland Barthes, ho accettato di imparare da loro questa regola, cioè di non dare mai delle risposte ma cercare di suscitare delle domande, delle riflessioni oppure, come diceva Barthes , di aprire un discorso con chi guarda la fotografia, in una sorta di dialogo”.
Il punto di partenza di questo progetto qual è?
“Approdo nasce da un viaggio in barca, documenta un giro in barca da cui vedevo la mia terra da lontano, avevo l’occhio caldo e pensavo al mio archivio, concepito come viaggiare per riconoscere la terra, per acquisire un po’ lo spazio, i luoghi. Poi mi è stato richiesto di fare una mostra, un po’ prima che decidessi di lavorare con Benedetta su questo progetto ed è venuto fuori il titolo e questo mio incipit che abbiamo mantenuto nel libro e poi con Benedetta abbiamo messo mano a tutto l’archivio. La genesi è questa, in verità è un viaggio lungo che coincide con la mia biografia e con questo rapporto con la mia terra”.
Un volume curato nei minimi dettagli. Come è stato costruito?
“Io lavoro nello studio della mia compagna che è architetto e si occupa di comunicazione a Parabita, a dieci minuti di macchina da Gallipoli. Quindi con Benedetta abbiamo deciso il formato e la mia attenzione si è focalizzata su impaginazione e sequenza. Un libro che si occupa del Sud ed è stato prodotto interamente al Sud”.
La tua biografia è ricca di esperienze fondanti di fotografia.Come nel 2018 quando hai ideato FONT?
“Le esperienze fondamentali e importanti arrivano alla fine di un percorso che è fatto di ricerca e di studio, non solo fotografico perché mi piace avere un approccio più largo. Leggo molti libri che si occupano di Sociologia e di paesaggio, ho questa formazione anche se non mi sono mai laureato ma ho coltivato questa passione per la sociologia e continuo a studiare e a leggere qui con gli amici del territorio. A Lecce c’è un bel fermento nel campo della fotografia e abbiamo sviluppato il progetto FONT , ispirato agli scritti di Eugenio Turri, un geografo molto famoso, (autore tra l’altro di Il paesaggio come teatro Dal territorio vissuto al territorio rappresentato, N.d.R.) che ha parlato anche di paesaggio e fotografia e cita che il paesaggio è un testo, una scrittura e i FONT, l’elemento minimo della scrittura, sono gli elementi dei paesaggi su cui si va ad indagare. E con Federico Patrocinio abbiamo raccolto degli autori e organizzato un mese di mostre e di talks a Specchia, un borgo molto conosciuto dell’entroterra della provincia di Lecce. Ed è stato un po’ come seminare alcuni concetti”.
Il 2019 invece è l’anno dell’ideazione di WeLand Photofest, Festival di fotografia del paesaggio?
“L’associazione Photosintesi con cui ogni tanto collaboro, mi ha chiesto di organizzare un evento legato alla fotografia. Ho proposto nel 2019 questo Festival interamente dedicato al paesaggio, con il fotografo Massimo Siragusa in residenza che ha lavorato sul territorio e ho lanciato una serie di mostre, talks ed eventi. Un’esperienza molto interessante che speriamo di continuare dopo la pandemia. Nell’underground nascono iniziative molto interessanti”.
C’è una grande pulizia nelle tue immagini e sono pervase da un senso di leggerezza
“Lavoro con diverse macchine, da Canon a Reflex e da qualche tempo con una Fuji mirrorless. Faccio fatica anche a definirmi un fotografo perché non sono un patito della tecnica. Ho i mei punti di riferimenti. Come Giacomelli che usava una macchina tenuta con lo scotch e diceva: la fotografia è una cosa semplice a condizione di avere qualcosa da dire. Quindi io prima penso a quello che ho da dire e la tecnica arriva dopo. La pulizia esprime il mio stile”.
Prossimi progetti?
“Spero di ricominciare a viaggiare presto. Vorrei lavorare sull’Italia minore, l’Italia dei paesi interni della Calabria, della Basilicata, del Molise, di alcune aree del Gargano, in questi paesini un po’ abbandonati dalla popolazione ma che hanno delle tracce di vita, sospese un po’ tra bellezza e decadenza, un nucleo di valori che forse sta sfumando”.
Mariateresa Cerretelli
https://www.adrianonicoletti.it/

Mariateresa Cerretelli
Giornalista e Photo editor, scrive di fotografia, arte e costume per le testate del gruppo Class e collabora con diversi giornali tra i quali The Wall Street International Magazine, Artslife e Popdam Magazine. Si occupa del coordinamento della fotografia per gli Speciali di Bell’Italia, Cairo editore. Da molti anni è curatrice di mostre. Tra le più recenti Wilder mann di Charles Fréger a Lucca e Bianchi Sussurri di Caroline Gavazzi a Milano allo Spaziokappa32. Ha presentato alla Triennale Milano con AFIP, le lectio magistralis dedicate a Gabriele Croppi e Mario Cresci. Dal 2017 coordina gli incontri con i fotografi, dai grandi maestri ai giovani talenti, all’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato. Collabora alla realizzazione di progetti editoriali, brochures, presentazioni, installazioni di fotografie e libri. Dal 2000 partecipa a Giurie di fotografia e a Letture Portfoli nei festival italiani. È Presidente del GRIN, il gruppo dei redattori iconografici nazionale.
Photo by Renato Grignaschi
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interessante