A tu per tu con gli artisti/3

Breve sogno Eritreo di Tekle Mandar

PINO NINFA

a cura di Mariateresa Cerretelli

Tekle Mandar esiste davvero? Nel suo nuovo libro, il fotografo Pino Ninfa, autore affermato e noto per i suoi straordinari ritratti ai grandi del jazz e della musica alternati a reportage centrati sui problemi sociali del mondo, ci conduce con le sue immagini in un’Eritrea odierna, tra la realtà e l’immaginazione, accompagnati da uno spirito guida, Tekle Mandar, appunto. Il titolo: Breve sogno Eritreo di Tekle Mandar, edito da MFD.

Perché l’Eritrea?

“È il primo di una serie di taccuini della memoria dove vorrei raccogliere i miei viaggi fotografici ed è un’autoproduzione edita e stampata da MFD in 200 copie. Ho scoperto che queste pubblicazioni rappresentano un mercato trasversale della fotografia dove non prevalgono i grandi numeri ma i bei lavori”. La cura e l’attenzione ai dettagli sono evidenti in Breve sogno Eritreo di Tekle Mandar, dalla prima pagina all’ultima, a partire dalla scelta della carta alla rilegatura cucita a rete per godere appieno delle fotografie, senza la fastidiosa piega centrale della rilegatura classica.

“Tekle Mandar è un nome che mi sono inventato perché mi piace, aveva un bel suono e così mi sono detto: questo è il nome che funziona. Da qui sono partito nella costruzione del racconto”.

Il breve sogno di Tekle Mandar si svolge tra realtà e fantasia?

“Questo libro ruota intorno alla stazione di Asmara da dove ormai da anni i treni non partono più e dove comunque alcune persone, compreso Tekle Mandar vanno a lavorare tutti i giorni e, ogni tanto, almeno quando andavo io a fare le foto, si fermava a scrutare i binari solitari, guardando verso l’infinito. Ho pensato che lui potesse pensare di far partire i suoi sogni anziché far partire i suoi treni”. 

La ferrovia di Asmara è ferma da tanti anni nella   straordinaria città africana a circa 2400 metri di altezza sull’Altopiano eritreo che domina il Mar Rosso, sede di una città dell’utopia, dichiarata patrimonio dell’Unesco, un riconoscimento all’architettura modernista, ereditata dal colonialismo italiano e conservata nonostante 30 anni di guerra d’indipendenza dall’Etiopia.  

“I treni non partono più da tanti anni proprio perché il regime eritreo che c’è ora non ha soldi e men che meno li investe nell’acquisto del carbone. E se i treni non partono più, Tekle Mandar usa anche i muri della città, spesso come mappe della memoria, inconsapevoli tracce di arte a cielo aperto”.

La sequenza narrativa del libro inizia con una cartina di Asmara del 1929 quando iniziò ad esserci un piano industriale per la città. E da qui si susseguono scenari fotografici in bianco e nero di profonda suggestione, frutto di una selezione attenta e accurata.

“Con l’anziano ferroviere Tekle Mandar ci siamo ritrovati a passare pomeriggi interi dopo il suo orario lavorativo, alla ricerca di ricordi di un suo passaggio nei luoghi che mi ha proposto di visitare. Asmara visitata con lui, diventava una fiaba ambientata sul palcoscenico della vita quotidiana. Scampoli di vita, nascosti nel tempo che riemergevano nell’attraversare i luoghi e le storie da lui vissute”. Dal mercato di Medeber alla vita nelle baraccopoli, dai diversi quartieri a Massaua, lo sbocco sul mare, dalle ferite della guerra ammassate in un cimitero di rottami alle architetture ardite dell’epoca coloniale. E su tutto prevale una presenza umana viva e vitale e carica di una dignità senza pari.

“È una città dove le donne sono grandi protagoniste. Sono elegantissime, perché hanno una classe innegabile e incomparabile. Si vedono spesso solo loro in giro e sono loro che, con forza e determinazione, ne decretano il funzionamento in una situazione che è assolutamente fatiscente”. 

Per dilatare il senso della memoria Pino Ninfa ha alternato alle foto inserimenti di diversi oggetti.

“Ho inserito tanti reperti storici, come monete, il mio passaporto, una vecchia cartolina, il diploma che ha avuto Tekle Mandar o francobolli”.

Impressionanti il mercato delle materie prime o il centro per la lavorazione del berberé (la polvere gialla di peperoncino preparata in un mix con altre spezie).

“Al Medeber che tradotto significa caravanserraglio, ogni materia che arriva viene trasformata in qualcosa di funzionale. Per esempio il ferro viene trasformato in posate, pentole o padelle e il legno in mobiletti di diverse dimensioni”.

E poi l’obiettivo di Ninfa si sposta sui monumenti architettonici in stile razionalista, come il cinema Impero o il cinema Odeon oppure: “La Fiat Tagliero, stazione di servizio futurista del 1938 e la Bank of Eritrea sono simboli economici del passato e del presente”. E il viaggio si conclude, anzi continua con tre pellegrini che seguono una rotta al di là di una rotaia.

Il breve sogno Eritreo di Tekle Mandar, edito da MFD, il primo dei taccuini di viaggio di Pino Ninfa, è in vendita sul sito dell’autore (www.pinoninfa.it) o alla Libreria Hoepli di Milano con 100 copie numerate, 60 copie a 50 euro e 40 copie in edizione limitata, comprensive di una stampa 15×21 firmata dall’autore.

http://www.pinoninfa.it

Mariateresa Cerretelli

Mariateresa Cerretelli
Giornalista e Photo editor, scrive di fotografia, arte e costume per le testate del gruppo Class e collabora con diversi giornali tra i quali The Wall Street International Magazine, Artslife e Popdam Magazine. Si occupa del coordinamento della fotografia per gli Speciali di Bell’Italia, Cairo editore. Da molti anni è curatrice di mostre. Tra le più recenti Wilder mann di Charles Fréger a Lucca e Bianchi Sussurri di Caroline Gavazzi a Milano allo Spaziokappa32. Ha presentato alla Triennale Milano con AFIP, le lectio magistralis dedicate a Gabriele Croppi e Mario Cresci. Dal 2017 coordina gli incontri con i fotografi, dai grandi maestri ai giovani talenti, all’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato. Collabora alla realizzazione di progetti editoriali, brochures, presentazioni, installazioni di fotografie e libri. Dal 2000 partecipa a Giurie di fotografia e a Letture Portfoli nei festival italiani. È Presidente del GRIN, il gruppo dei redattori iconografici nazionale.

Photo by Renato Grignaschi

Fotografia

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