La Biennale di Venezia, arte. L’Arsenale 2019
La Biennale di Venezia, arte, 2019 l’Arsenale, i 79 artisti invitati più una performance non prevista. di Edoardo Pilutti
Era ancora freddo nei giorni dell’inaugurazione, un inizio di maggio eccezionalmente freddo, eppure all’interno dell’Arsenale, dove si dipanano prima le opere dei 79 artisti invitati dal curatore anglosassone Ralph Rugoff, e poi incessantemente numerosi sia pure solo alcuni dei 90 padiglioni stranieri (distribuiti prevalentemente ai Giardini e in vari palazzi veneziani), si è potuto assistere, con un po’ di fortuna a due performance fuori programma che non erano previste dall’organizzazione ma che sono sembrate subito qualcosa di semplice e straordinario.
Della seconda daremo conto in un prossimo articolo. La prima ha avuto luogo proprio all’ingresso dell’interminabile percorso dell’Esposizione, dove una donna dal fisico statuario e incinta, ha esposto il proprio tondeggiante ventre nudo restando immobile all’interno di un lungo abito bianco alla base del quale stava scritto, in inglese: “QUESTA E’ LA VERA ARTE”. Ciò si è potuto vedere solo per venti minuti, il tardo pomeriggio del 9 maggio. L’identità dell’interprete della scena performativa è rimasta sconosciuta, poiché, anche per il freddo, l’artista clandestina ha ben presto desistito dall’impresa.
Certamente una scritta provocatoria quella sulla veste, come provocatorio poteva essere l’intento della performance, ma, si sa, tutta l’arte ufficialmente esposta era ed è una provocazione, volta a far riflettere il pubblico, a fargli immaginare un nuovo modo di stare al mondo. Questo è il proposito del presidente Baratta e soprattutto del curatore Rugoff. Anche se resta il dubbio che molto di ciò che fosse esposto non fosse davvero arte, ma artificiosi ritrovati per stupire, come quasi sempre ormai da vari decenni, fin dall’orinatoio di Duchamp. E tuttavia, tornando alla messa in scena della gravidanza, quale migliore promozione pubblicitaria per l’incremento delle nascite, proprio qui in Italia dove si fanno sempre meno figli?
Comunque già lungo le Corderie dell’Arsenale, dove sono esposti dei lavori che mostrano aspetti diversi della pratica artistica di ciascuno dei 79 ( fra cui una netta prevalenza di donne, 42, di cui solo due italiane: L. Carbotta e L. Favaretto) che espongono appunto altri lavori anche al Padiglione Centrale dei Giardini, risollevano la testa la pittura ed il disegno, anche se predominano installazioni, fotografia e video. Tra gli altri sembrano interessanti i dipinti di Michael Armitage (1984, Kenya; vive e lavora tra Londra e Nairobi) in cui vengono rappresentati elementi carnevaleschi ed atmosfere circensi delle manifestazioni di agitazione politica che nel 2017 caratterizzarono le elezioni in Kenya: tratti da filmati o fotografie (alcuni dei quali eseguiti dallo stesso artista anche fotogiornalista), i quadri illustrano una grande vitalità ma anche una incombente violenza, dovuta a disuguaglianze economiche, ingiustizie e confusione nella vita sociale africana.
Tra le installazioni, sembra intrigante per la sua semplicità quella con presenza umana della 29enne lituana Augustas Serapinas (vive e lavora a Vilnius) dal titolo Chair for the invigilator, Sedia per il sorvegliante, opera composta da una serie di sedute rialzate ispirata a quella dei bagnini sulle spiagge. Sostiene la giovanissima artista: “M’interessa creare punti di vista alternativi. Essi generano una maggiore eterogeneità, che spesso manca nelle istituzioni e nel mondo dell’arte.” E talvolta, in cima alla sedia come su un trono, con un’aria ispirata e piglio teatrale, qualcuno sta ad osservare filosoficamente la folla dei visitatori sempre più frastornati. Oppure, con un tragico volo pindarico, si potrebbe pensare che il sorvegliante vigili sull’eventuale approdo di naufraghi indesiderati. May You Live In Interesting Times (ci soffermeremo sul titolo della 58° Esposizione Internazionale d’Arte in un prossimo articolo) è tutta una parata di guardaroba a cielo aperto, foglietti scritti infilzati su appuntiti leggii in penombra, foto segnaletiche di sudamericani assassinati dalle mafie trafficanti di droghe, serre di piante tropicali, strabilianti gigantografie di autoritratto d’artista (donna che evidentemente non stima il genere maschile in carne ed ossa, o non sa che farsene, o per evitare conflitti relazionali si butta sull’inanimato) in pose amorose con manichini, classici particolari architettonici, facsimili di maschere tribali impalate, esperienze di astratte realtà virtuali, video fantasiosi con gentilmente perverse scene erotiche, sagome di manichini anonimi arrampicati o appesi su scale che non si sa dove portino sopra una motocicletta ferma. Ancora una volta per la sua semplicità colpisce una statua colorata che rappresenta un essere umano (una donna? Ma forse anche un capellone) accasciato su quella che pare una poltroncina d’aereo o di altro mezzo di trasporto, in posizione di difesa e autoprotezione.
Certo che c’è da difendersi da qualcosa di enigmatico, se già dallo scorso agosto 2018 per ordine di un ministro della Repubblica Italiana la polizia di frontiera ha cominciano a fermare gli aliscafi pieni di turisti in arrivo dalla Croazia ( solo un’ora e mezza di navigazione veloce dall’Istria che permette di evitare un tortuoso percorso stradale di circa 150 km) al porto di Trieste, per controllare minuziosamente i documenti confrontando ogni numero di carta d’identità con la banca dati, tenendo fermi in fila per circa due ore i malcapitati bagnanti italiani fra cui avrebbe potuto nascondersi qualche rifugiato o migrante. Da qualche giorno la polizia di frontiera slovena ferma pure le corriere turistiche, facendo scendere i viaggiatori e controllando i documenti di ciascuno (compreso l’autista!) sempre minuziosamente aspettando di avere il riscontro dalle banche dati informatiche, facendo attendere anche gli automobilisti alla dogana slovenao-croata, in direzione Italia, in file chilometriche per quasi due ore.
Alcune delle opere esposte alla 58° Biennale di Venezia affrontano anche le problematiche contemporanee più preoccupanti, fra cui la rinascita dei programmi politici nazionalisti.
Testo e foto di Edoardo Pilutti edoardo.pilutti@gmail.com
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