ROY LICHTENSTEIN al MUDEC di Milano – 2019

Roy Lichtenstein al MUDEC di EDOARDO PILUTTI                                                                                                                                                                                                      

Nonostante l’inaugurazione fosse stata collocata proprio tra domenica 28 aprile e il festivo Primo Maggio, la sera di martedì 30 aprile una interminabile fila di oltre mezz’ora si snodava da dentro il Museo delle Culture e lungo il marciapiede esterno antistante, cosicché una signora non ha retto la fatica ed è stata vittima di un malore, con il conseguente intervento sanitario di un’autoambulanza.

Sorge quindi spontanea la domanda: cosa spinge centinaia di visitatori a sopportare un’attesa tanto inopportuna? L’interesse per l’arte, per la storia dell’arte del Novecento? O il desiderio di partecipare ad un qualche evento culturale ritenuto imperdibile? Un evento in cui si celebra un artista statunitense baciato in età ancora giovane dal successo? Le domande potrebbero essere ancora altre, e le eventuali risposte porterebbero ad ulteriori questioni, ma l’importante è incominciare a porsele.

La mostra, curata da Gianni Mercurio, presenta un centinaio di opere tra litografie, serigrafie, xilografie, arazzi, sculture in ceramica e in metallo smaltato, oltre a documentazione video e fotografica, ed è organizzata secondo un percorso tematico che pure evidenzia l’evoluzione nel lavoro di Lichtenstein, a partire dalle prime opere degli anni Cinquanta. I suoi primi quadri oscillano tra cubismo ed espressionismo, per poi giungere, nel 1961, al puntinato che grazie a puntini e lineette separate tra loro, esaspera la tecnica tipografica del retino. In questo modo, colui che sarà uno dei più rinomati artisti della Pop Art, riproduce e stravolge provocatoriamente dipinti di grandi maestri come Cézanne, Matisse, Mondrian, Picasso. Le personali che gli organizzano grandi galleristi a New York e a Parigi riscuotono un successo enorme, forse proprio perché la grossolana semplificazione e l’intenzionale superficialità dei suoi dipinti era in sintonia con l’insensibilità e la superficialità che si stavano diffondendo nella società statunitense in quegli anni. E di questo Lichtenstein era consapevole, lo aveva apertamente dichiarato.

La sua fama verrà consacrata alla Biennale di Venezia nel 1966, a soli quarantatré anni. Verrà invitato alla Mostra Internazionale d’Arte anche nel 1968 e nel 1970.

Muore per una polmonite nel 1997, a settantaquattro anni. Come se l’appiattimento e la derealizzazione delle sue rappresentazioni grafiche avesse avuto una corrispondenza, una ragion d’essere, in una depressione non vissuta e non mentalizzata che talvolta si può somatizzare in una polmonite. In effetti il video che lo riprende nel suo studio, al lavoro, già anziano, ci mostra un artista con poco entusiasmo, quasi stanco, intento alla ricerca sì di nuove soluzioni grafiche e figurative, ma come se avesse un inconscio desiderio (e il desiderio autentico è sempre inconscio) di altro.

Fotografie e testo di Edoardo Pilutti

edoardo.pilutti@gmail.com

 

ROY LICHTENSTEIN. MULTIPLE VISIONS

MUDEC via Tortona, 58 MILANO                 fino all’8 settembre 2019                                           lunedì 14.30 – 19.30   mar. merc. ven. dom. 9.30 – 19.30   giov. sab. 9.30 – 22.30

Visita animata e laboratorio creativo (90 minuti) per famiglie con bambini dai 6 agli 11 anni. Caccia al tesoro per feste di compleanno per bambini a partire dai 7 anni.

Informazioni e prenotazioni: tel. 02 54917,                                  ticket24ore.it   –    mudec.it

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