MIART 2019 – Fiera Internazionale d’Arte Milano

di Edoardo Pilutti

“Sarà un delirio”, così preconizzava l’inaugurazione della Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Milano uno dei galleristi espositori, riferendosi all’enorme affluenza prevista.

In effetti solo grazie ad una persistente pioggia che ha indotto alcuni ad evitare la perturbazione meteorologica, si sono evitate noiose code all’ingresso per l’apertura su invito e accredito stampa.

Centottantaquattro gallerie di cui sessantasette straniere, provenienti prevalentemente dal nord Europa ma anche dalla Grecia, dalla Turchia, dal Portogallo, dagli U.S.A. e da Cuba, sono riuscite anche questa volta ad attrarre una stupefacente quantità di visitatori. Erano presenti anche gli stand di sedici riviste specializzate e di dieci case editrici d’arte.

Su cosa sia a richiamare l’attenzione di così tante persone, vi sono varie ipotesi: la ricerca ansiosa del nuovo; l’equilibrio tra pulsioni e sublimazioni, o tra materia e spiritualità; il mostrarsi del mistero, l’armonizzazione della geniale follia creativa con le regole della società. Ormai anche galleristi e critici sono consapevoli di come nell’arte si assottiglino i confini tra il caos e l’ordine, la trasgressione ed il rispetto, il disgustoso ed il bello, il familiare ed il perturbante.

E ancora, forse dall’arte contemporanea il pubblico si aspetta quelle risposte, o almeno quei suggerimenti di risoluzioni che non si riescono ancora ad avere dalla scienza e dalla politica, e che forse solo la religione è riuscita a trovare e ad offrire.

In effetti quest’anno sono stati organizzati conferenze e dibattiti su temi scottanti quali il rapporto tra il collezionista committente e la produzione dell’artista nel contesto dei cambiamenti climatici mondiali; e su approfondimenti come la possibilità e la capacità dell’indagine artistica di incidere sulla politica addirittura “come contro—narrazione al paradigma del capitalismo neoliberale contemporaneo”.

Ci sembrerebbe una chiara contraddizione la speranza che l’artista possa contestare e spingere la politica verso un cambiamento in senso opposto al dominio del capitalismo, in quanto il lavoro dell’artista è acquistato proprio dai capitalisti, ma tale questione è così vasta e articolata da meritare ulteriori riflessioni in altra occasione.

Per concludere, una carrellata su alcune delle gallerie più interessanti: la Contini di Venezia con le statue angeliche tra a il neoclassico ed il surreale di Igor Mitoraj, con gli oli ironicamente metafisici di Julio Larraz, con le sculture di Robert Indiana e di Manolo Valdés e con le opere tra la pittura materica e l’arte povera di Mario Arlati; la Galleria dello Scudo di Verona, con le sculture di Giuseppe Spagnulo e i dipinti informali di Emilio Vedova; la Galleria Tega di Milano con opere di A. Pomodoro, Christo, Hartung, Melotti, Perilli, Rotella, Schifano, Twombly; la Copetti Antiquari di Udine, anche con mobili di design del Novecento; la Loom Gallery di Milano anche con stampe fotografiche di Man Ray ed Helmut Newton. Per quanto riguarda le sessantasette straniere, citiamo tra le emergenti la Lucas Hirsch di Dusseldorf, la Galerie PCP di Parigi e la Oktem Aykut di Istambul; tra le altre consolidate la Cabinet di Londra, la Hauser & Wirth di Los Angeles, New York e Hong Kong, la Taste Contemporary di Ginevra, la Office Baroque di Brussels e la Chertludde di Berlino.

edoardo.pilutti@gmail.com                                           Fotografie e testi di Edoardo Pilutti

 

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